XI. ACCOMODATI!
Ero saturo. L’ultimo boccone di salsiccia era andato giù a
fatica, ma c’erano ancora Maso e Gisto che, benché avessero mangiato il doppio
di me, ancora ci davano dentro con le ultime braciole e patatine fritte
rimaste.
1: Mastro Marasca. 2: Gisto. 3: Bongio. 4: Turtlén. 5:
Zio. 6: Lennon. 7: Capocchia. 8:Maso. 9: Gallo. 10: Io. 11:Losco. 12: Il
Trucido.
Nota non presente nel libro: nel testo cartaceo c'era un disegno che non sono riuscito a esportare nel blog che raffigurava la tavola e la disposizione dei partecipanti, disegnati in forma caricaturale.
Alla mia
sinistra il Trucido, Losco e Mastro Marasca parlavano di ragazze e sognavano
esotiche vacanze “culturali” a Cuba e in Thailandia. Gisto declamava ieratico
la formazione del Foggia di Zeman del millenovecentonovantaquattro, mentre
Bongio ribatteva con l’ultima impresa del Bologna in non so quale campo. Alla
mia destra Maso raccontava a Gallo la sua ultima avventura in chat. Turtlén,
alle prese con braciole di proporzioni sovrumane, aveva le mandibole in perenne
movimento e ogni tanto bestemmiava per il fatto che il giorno dopo sarebbe
dovuto andare a lavorare. Zio, Capocchia e Lennon dissertavano di ultimi
modelli di cellulari.
Mi accesi
l’ennesima sigaretta della serata, cercando di trovare qualche varco nei vari
discorsi che mi permettesse di aprire la bocca non solo per mangiare e bere. Al
momento non ne trovavo.
Un lugubre colpo
di batacchio interruppe ogni argomento.
“Hanno bussato?”
chiese Gallo.
“Sì, hanno
bussato” rispose Mastro Marasca.
“È aperto!”
gridò Gisto accompagnando le parole a un sonoro rutto.
Fu allora che
apparve Robby. Quanti anni avesse nessuno seppe dirlo. Non aveva con sé né
documenti né soldi. Poteva avere dai tredici ai sedici anni al massimo.
Indossava una maglietta dei Simpson con Bart che mostrando il sederino
esclamava “Ciucciati il calzino!”, un paio di jeans chiari e delle scarpe da
ginnastica nuove. Era un bel giovanotto, magro, con biondi capelli corti e
occhi verdi. Tutto in lui esprimeva vitalità, energia, spensieratezza e voglia
di vivere.
“Scusate,
disturbo?” disse.
“Accomodati!”
ripetemmo in coro.
XII. MAGGIO
Il periodo dell’anno che preferisco è senza dubbio la
primavera. Maggio, che bel mese! Maggio si presenta ogni anno carico di
promesse, speranze, di sogni più o meno grandi da inseguire. Come il maggio di
questa storia… Ero talmente ispirato che mi sentivo il più grande scrittore del
mondo in procinto di scrivere un libro dall’imperituro destino, invece sono già
arenato nell’apatia creativa.
La malinconia,
solitamente mentore ideale per la mia vena artistica, mi lascia oggi vuoto,
depresso, senza stimoli. Forse è colpa del Morbo di Giacomo Kellerman che sta
progredendo. Forse non potrò sentire i profumi di un nuovo maggio. Mi lascio
travolgere dai ricordi, belli e brutti – ma che importa!, erano i ricordi di un
uomo vitale – cosicché oniriche aurore boreali invadano la stanza e
offuschino la realtà.
Nota non presente nel libro: nel testo cartaceo c'era un disegno che non sono riuscito a esportare nel blog con il protagonista molto triste a cui esce una lacrima.
Riesco solo a
disegnare questo autoritratto, mentre fluttuo ondivago tra le immagini della
giovinezza. Ricordo addirittura con nostalgia la parentesi che feci come
giardiniere comunale a San Giorgio. Il lavoro di sobillatore mi logorava
psicologicamente (troppi pazienti, troppi dolori da lenire) così avevo deciso
di prendermi una pausa e provare con un lavoro “vero”. Passai sei mesi da
incubo; tornando a casa dopo otto ore di lavoro logoranti mi sembrava di essere
in libertà condizionata e spesso mi dovevo cocainizzare per non
soccombere al peso di quell’insopportabile fardello che la gente chiama lavoro,
una moderna forma di schiavismo camuffata da nobile professione remunerata.
Quando mi
licenziai per tornare a sobillar persone, le reazioni dei miei familiari (che
non erano mai stati troppo felici della mia precedente attività) e dei miei
colleghi furono di biasimo e incredulità. Non era concepibile per loro che
qualcuno potesse ribellarsi al lento lavaggio del cervello imposto dallo Stato
per trasformarci tutti in automi. Mi viene in mente il film “Il ritorno dei
morti viventi”: se fai l’errore di venire infettato dal morso
dell’omologazione, anche tu diventi uno zombie. E mi viene anche in mente
l’antropologo Cesare Lombroso, che per quanto criticato per certe sue teorie
(involontariamente) protonaziste, aveva
ragione nell’asserire che certe caratteristiche fisiche corrispondono a
determinate carenze intellettive. Fateci caso: tutti i lavoratori incalliti
hanno occhi sporgenti, cranio ampio, orecchie piccole, naso camuso… Sto
scherzando! Però è vero questo: il lavoratore, quello indefesso, quello che
impazzisce quando ha del tempo libero e si annoia durante le ferie, ha uno
sguardo indiscutibilmente scevro di luce.
Tornando al
discorso iniziale, la nostalgia ammanta nonostante tutto anche quel periodo.
Persino quello in cui lo Stato mi incarcerò per un anno nel penitenziario del
Servizio civile, punendomi per reati mai commessi.
Per quanto la
vita, mentre la si vive possa magari sembrare certe volte una merda, quando ti
trovi al crepuscolo a rimirarla nel film della tua mente, ci trovi sempre
qualche nota romantica. Perché era maggio. E adesso maggio è finito.
XIII. ENCEFALOSPIRITOGRAMMA
A: PERIODO PRECEDENTE L’OMICIDIO DI ROBBY
B: OMICIDIO DI
ROBBY
C: OGGI
Nota non presente nel libro: nel testo cartaceo c'era un disegno che non sono riuscito a esportare sul blog che rappresentava una sorta di elettrocardiogramma. Partendo dal punto A arrivando al punto C diventava progressivamente sempre più piatto.
XIV. BUONA FORTUNA HELENIO
Nonostante questa storia possa
sembrare a qualcuno una specie di libello, un puerile j’accuse contro
amici, donne e universi vari, è in realtà un disperato e pretenzioso tentativo
di salvare anime ancora pure, come quelle dei bambini, come quelle dei tanti
Robby che hanno avuto la fortuna di non trovarsi nel posto sbagliato al momento
sbagliato.
Se posso in qualche modo espiare le mie
colpe, lo faccio così, cercando di esorcizzare la quasi inevitabile nemesi
storica.
Nemesi storica: giustizia riparatrice
di torti e delitti non nei responsabili
ma nei loro
discendenti.
(dal Nuovo Zingarelli
minore)
Proprio così, lo
faccio per aiutare i figli di quegli amici, quelle donne e quegli universi che
hanno permesso che un omicidio venisse compiuto e nessuno venisse incriminato.
Questo capitolo mi è stato ispirato dal
suono delle campane che annunciano la nascita di Helenio, il figlio di Bongio.
Proprio oggi ha fatto il suo ingresso in un mondo di pazzi e non posso che
augurargli tutta la fortuna possibile.
Sarà un caso che Bongio è il primo dei
“dodici apostoli del male” a diventare padre, però proprio Andrea Bongiovanni
fu l’unico a superare senza particolari squarci interiori il caso-Robby. Deve
significare qualcosa. Non tentò di impedire il delitto e questo lo rende
complice al pari di tutti, ma anche se partecipò passivamente all’omicidio era
chiaro già allora che non c’entrava molto con noialtri 11. Ricordo come
osservava, inebetito. Forse stava pensando a Cristina, la donna che lo ha reso
padre e che già allora gli sconvolgeva il cuore, tanto grande era il loro
amore.
Tutti gli altri, me compreso, non hanno mai
superato il trauma. Il Trucido addirittura si suicidò gettandosi dal balcone di
casa sua. Losco è rimasto paraplegico dopo un incidente in macchina avuto tempo
dopo l’assassinio. Era imbottito di extasy. Di Turtlén non ho più notizie, ma
mi hanno detto che è alcolizzato marcio. Di quei disgraziati di Maso e Gallo vi
ho già detto: hanno il loro lavoretto da travet, sono sposati, le mogli non li
fanno mai uscire e quando riescono a ottenere un’ora d’aria diventano Mister
Hyde. Anche di Mastro Marasca vi ho già detto. E pure di Gisto, bruciato dalla
Blatta, che si sveglia ogni mattina alle quattro per andare a raccogliere
l’immondizia con il camion della nettezza urbana. Zio e Lennon erano due amici
per la pelle, ma non si cagano più da quando Paolina, con la quale Zio ci
provava da una vita, è andata insieme a Lennon. Zio lavora alla Telecom e
Lennon fa il rappresentante di prodotti per ufficio. Chi è rimasto? Capocchia.
Capocchia assembla computer in un’azienda informatica albanese e dubito sappia
fare altro. Il suo vanto più grande è avere un uccello di venticinque
centimetri.
Una volta non eravamo così… vinti.
NOOO VI PREGO, NOOO!
XV. DONNE 2
Sono giorni che non parlo con qualcuno. L’ultima persona
che ho visto è stata mia sorella Arianna cinque giorni fa. Era venuta a
sincerarsi delle mie condizioni e a portarmi la spesa che di solito mi porta
mamma, ma mamma è influenzata.
Il cellulare lo
tengo quasi sempre spento; lo accendo solo ogni tanto per leggere i sempre
graditi massaggi d’auguri che mi fanno gli amici, essemmesse tipo:
Tieni duro Mo.
cmq se hai bis
sai dov trovarm
cia da Capocchia
Spero che stai bene.
O’ volia di rivederti.
Vanny
Non mollare ceffo.
Vedrai che guarirai.
Helenio ti saluta.
Bongio.
Forza! Ripigliati
che dobbiamo rifare
una serata insieme.
Maso
Oltre ai
messaggi via cellulare, mi arrivano anche molte e-mail d’incoraggiamento alle
quali rispondo volentieri. Ieri ne ho scritta una a Dolores, quella Dolores che
mi fa tanto incazzare se penso che non me l’ha mai voluta dare.
Cara Dolores,
ti ringrazio per la tua e-mail di ieri, dove mi sproni
a non arrendermi. Beh, non mi arrenderò.
Sai cosa mi piacerebbe fare se un giorno dovessi
guarire? Portarti nel mio appartamento, farti accomodare sul divano e offrirti
un buon calice di vino. Poi… avvicinarmi come un vampiro al tuo collo e…
annusare il tuo dolce profumo, inebriarmi di te. Come una calamita la tua bocca
attirerebbe la mia e ti bacerei fino a risucchiare il tuo spirito.
Delicatamente ti spoglierei continuando a ubriacarmi e a esplorare con la
lingua ogni centimetro del tuo corpo. Come un assetato mi attaccherei al tuo
seno… ti leccherei fino a consumarti. Mi spoglierei… mi farei spogliare…
accarezzerei quel tuo fantastico sedere e quelle gambe deliziose, poi ti
penetrerei e vedere il tuo viso contrarsi in uno spasmo di godimento mi
toglierebbe ogni contatto con la realtà. E il sogno non terminerebbe con
l’orgasmo, anzi, solo dopo, avvinghiato a te in un tenero abbraccio,
realizzerei il capolavoro artistico della mia vita: la simbiosi perfetta con la
felicità.
Lussuriosi saluti,
Simone
Purtroppo
questo testo standard con Dolores non ha funzionato. Altri pesci sono caduti
nella rete con questa subdola tecnica a base di lusinghe peraltro non del tutto
fasulle. C’è chi non si lascia blandire e non cade nella trappola, e c’è chi
leggendo queste parole ode squillare le proprie trombe di Falloppio. Che ci
volete fare!
Mi aggancio alla
citazione di Dolores per tirare in ballo altre donne incontrate sulla mia
strada esistenziale. Oltre quelle più o meno importanti menzionate pagine fa,
ce ne sono altre come Vanny, Rosamunda e Penelope che non sono riuscite a far
breccia nel mio cuore, pur avendo passato con loro bellissimi momenti.
Con Vanny ebbi
una storia anni fa. Uscivamo insieme un paio di volte al mese, andavamo a berci
qualcosa in un locale poi ci chiudevamo per qualche ora in albergo. Pagava
sempre lei: praticamente ero la sua puttana. Dopo ci sentivamo solo quando la
chiamavo, che significava quando avevo voglia di prostituirmi per scoparla. E
che scopate! Anche se non è una figa mozzafiato, con Vanny ho fatto delle
trombate epiche. Ho pure vinto un viaggio di una settimana in Sardegna.
Ovviamente offerto da Vanny!
Peccato che il
sesso sia solo un ingrediente della torta: bellezza, fascino e intelligenza non
sono, a mio avviso, meno importanti.
Rosamunda è
stata con me per circa un anno. Vedendola dà la sensazione di essere una
sciupamaschi micidiale e infatti a letto non smentisce l’impressione iniziale.
Dopo una notte con lei mi sentivo uno straccio per almeno tre giorni. È stata
proprio Rosamunda a farmi rivalutare le mie qualità amatorie: se avevo mai
pensato di essere un grande amatore, lei mi riportò con i piedi per terra. La
lasciai quando iniziò a fantasticare di matrimonio, di manette e di fruste…
Penelope è stata
una storia di pochi mesi finita l’11 settembre 2001. Mentre crollavano le twin
towers, crollava definitivamente anche la nostra relazione. Anche se non avevo
ancora il Morbo di Giacomo Kellerman, con lei non avrei mai avuto crisi; era
una ragazza profonda, intelligente, arguta e simpatica. Ma non c’era l’amore,
così la lasciai quel giorno infausto del duemilauno, quando mi disse che voleva
presentarmi ai suoi genitori.
Mi sono rimaste solo due donne
importanti nella mia vita. Sono mia madre e
mia sorella Arianna, le uniche donne che non mi tradiranno mai e che non
potrò mai tradire.
Nessun commento:
Posta un commento